2016 // Delsin

Stars and Dust

Yagya

La musica di Yagya vive solo nel silenzio. Non si impone, non urla, non scalpita per farsi ascoltare a tutti i costi. Rimane sullo sfondo ad aspettare. Ma, a farci caso, regala viaggi inttesi e imperdibili. I dischi di Yagya hanno sempre una cura suprema del particolare e un’attenzione ossessiva ad ogni nota, ogni suono, ogni battuta. Le melodie cambiano lentamente, si rivelano a poco a poco, riverberano le une sulle altre senza nessuna fretta.

Stars and Dust è forse l’album più atipico nella discografia dell’islandese Adalsteinn Gudmundsson, lontano dalle pietre miliari dub techno di Rhythm of Snow e Rigning, con il loro suono glaciale e compresso.  In questo disco la dub techno soffusa del produttore si mescola a melodie ambient, quasi cinematografiche. Pare quasi che dopo i viaggi nei boschi innevati e cupi dell’Islanda, Yagya abbia deciso di fare un viaggio dagli anelli di Saturno alle comete della cintura di Kuiper.

Il titolo Stars and Dust descrive perfettamente queste tracce: le stelle delle melodie eteree e dei sintetizzatori cosmici e dei tocchi di pianoforte che emergono lentamente, la polvere della batteria polverosa e granulosa, che non si impone mai, eppure è sempre indispensabile. Stars and Dust scivola lentamente fra atmosfere sfumate: le note di pianoforte e il sintetizzatore ambient di Crepuscular Rays over the Orizon e Laniakea’s Redshift, i bassi pieni e il ritmo di The Great Attractor.

Tanti puristi dub hanno storto il naso perché, sì, è forse il lavoro più accessibile di Adalnsteinn e sì, forse è anche quasi commerciale (per quanto sia possibile definire il suono di quest’album commerciale, almeno). Ma io di dub techno ne so meno di zero, quindi mi va bene così.