2021 // Ilian Tape

Pool

Skee Mask

Mi sono imbattuto in Pool di Skee Mask quasi per caso, senza neanche sapere chi fosse il produttore o cosa aspettarmi. Comunque sia andata, appena premuto play ne sono stato travolto. Come suggerisce lo stesso titolo, Pool è uno di quei dischi che chiedono di stenderti, chiudere gli occhi e immergerti completamente nel suo folle universo sonoro. Nella mia fantasia Skee Mask – aka Bryan Müller – è un alchimista che mi armeggia davanti con le sue pozioni, creando continuamente combinazioni folli e inaspettate.

Qualche anno fa, nel 2017, Bryan Müller ha pubblicato un Ep, Iss002, che ricorda molto il suono di Pool. Infatti, in entrambi i lavori, Skee Mask mostra il suo talento unico nel fondere insieme due elementi a prima vista antitetici: il breakbeat e l’ambient. Non solo questi due mondi sonori creano un amalgama perfetto, ma rimangono anche assolutamente riconoscibili.

Da un lato c’è il ritmo. Il disco passa da ritmi quasi techno (CZ3000 Dub), a breakbeat IDM che non possono non ricordare l’Aphex Twin di Richard D. James Album, a batterie drum’n’bass totalmente schizzate (DJ Camo Bro o Dolan Tours). I beat sono sempre inaspettati, sempre intricatissimi e stratificati, sempre e continuamente in divenire. L’orecchio si aggrappa alle linee di basso e batteria che continuano a cambiare, a muoversi, a integrarsi l’una nell’altra come un gioco ad incastro. Il ritmo cresce, si scompone, poi si spegne lasciando il posto a passaggi ambient, dialoga in maniera perfetta con i sintetizzatori. Dall’altro lato c’è la melodia, che ha quella spazialità che non può non ricordare l’ambient o la dub techno (ed infatti echi e riverberi si inseguono nel corso di tutto il disco). Ogni canzone è un viaggio sonoro e psichedelico.

Le prime due canzoni si richiamano a vicenda, con la loro batteria saltellante. La seconda, Stone Cold 369, termina con uno dei momenti più memorabili del disco, in una sinfonia di sintetizzatori che ricorda un organo. Skee Mask poi ritorna al ritmo più incessante, con la martellante Rdvnedub. Nella parte centrale il disco abbandona per un po’ i beat, passando dai sintetizzatori sospesi in una pioggia di riverbero di Ozone e Rio Dub all’ambient oscuro di Absence. Nel frattempo, il produttore ritorna sui ritmi intricati, con la drum’n’bass sperimentale di Testo BC Mashup e a Dolan Tours, che stratifica piogge di batterie su echi di sintetizzatore dilatati. L’ultima, stupefacente traccia, (Fourth) alterna drones di sintetizzatore ad una batteria live. In questo viaggio è davvero difficile provare la sensazione del già ascoltato: ogni suono ha una sfumatura, un timbro, un colore originale e distintivo.

La materia sonora di Pool è l’acqua, in ogni sua forma: dal fluire lento dei passaggi ambient, al ribollire dei sintetizzatori o alla cascata dei beat. Ogni suono muta costantemente. Proprio come un’onda nel mare non è mai uguale al precedente.